I numeri della nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza, approvata dal Parlamento il 4 ottobre, sono la dimostrazione del piano criminale del Governo contro i ceti popolari e gli sfruttati.
La descrizione del quadro economico di riferimento, con le presunte ricadute sulla crescita e sull’occupazione, risente del clima elettorale che si comincia a respirare: dopo dieci anni di crisi economica, di politiche governative che hanno sprofondato milioni di persone in Italia nel baratro della disoccupazione e della miseria, il presidente del consiglio Gentiloni e il ministro dell’economia Padoan hanno sudato le sette camicie per abbellire questo ennesimo salasso, per promettere un futuro radioso agli elettori disillusi.
Il volto da vampiro della politica economica dello Stato viene così abbellita con dati addomesticati e interpretati con ottimismo. Quale credibilità possono avere queste previsioni, se si pensa che la massima autorità monetaria dei paesi capitalistici, il governatore della Federal Reserve USA Janet Yellen, ha affermato che “probabilmente” hanno sbagliato le previsioni su occupazione ed inflazione, che saranno più deboli di quanto previsto? Con tutto il rispetto per le capacità e le conoscenze di Gentiloni e Padoan, non possiamo credere che siano superiori a quelle della Federal Reserve. L’ottimismo delle massime autorità italiane si spiega solo con le esigenze elettorali della maggioranza.
Ma sono i numeri a svelare il senso dell’ennesima stangata.
All’interno di una manovra di oltre venti miliardi di euro, le somme spese per la coesione sociale per il 2018 sono 600 milioni. Se prendiamo per buoni gli impegni del governo, dovrebbero essere erogati un massimo di 500 euro al mese per famiglia; 500 euro al mese fanno 6.000 euro l’anno. L’importo sarebbe quindi appena sufficiente per garantire 500 euro al mese per centomila famiglie, mentre le persone in condizione di povertà assoluta, secondo i dati ufficiali, sono quasi dieci milioni.
A fronte di queste elargizioni, la Nota approvata prevede per il 2018 tagli di spesa per 3 miliardi e 500 milioni di euro. Tenuto conto che le spese per magistratura, difesa, interessi passivi ecc. non vengono toccate, è chiaro che a fare le spese sono i servizi e l’occupazione, quei servizi che formano parte del reddito delle classi sfruttate di questa società. La carità pelosa elargita dal governo Gentiloni in accordo con le organizzazioni clericali non compensa minimamente la perdita di reddito provocata dai soli tagli della nuova manovra.
Ma dove va a finire questa immensa massa di soldi, questi sacrifici che paghiamo con i tagli alle pensioni, la disoccupazione, la miseria crescente? In parte ai capitalisti industriali: quelle voci che vengono chiamate “sviluppo”, “competitività e innovazione” sono le prebende che le classi dominanti, attraverso i propri rappresentanti al Governo, elargiscono a sé stesse, per complessivi oltre 600 milioni di euro.
Ma chi si spartisce la maggior parte del bottino, frutto dell’occhiuta rapina, sono le banche.
Secondo un calcolo provvisorio, elaborato da Equita Sim e Il Sole 24 Ore, il costo del salvataggio delle banche è arrivato alla cifra di 24 miliardi e 411 milioni. Di questa cifra, 11 miliardi e 200 milioni sarebbero a carico dei privati, ma ben 13 miliardi e 200 milioni, ben più della metà, a carico dei cittadini.
Uno schiaffo alla miseria, e definizione non è più esatta! Con questa manovra, lo Stato dà un’altra stretta alla corda che strangola i cittadini, lo stesso sistema che gli strozzini e la criminalità organizzata usano per le loro vittime. Il diritto all’istruzione, il diritto alla salute, al lavoro, alla pensione, alla casa sono trasformati in valori contabili, in soldi che escono dalla disponibilità dei proletari, dei ceti popolari, e vanno ad ingrassare i governanti, i capitalisti, i banchieri.
Tiziano Antonelli